12 sassi per riposare …

Era la mattina del 6 dicembre 1990.
Erano circa le 11,00 di mattina, quando il ronzio quotidiano del traffico Bologna venne rotto dall’acuto grido delle sirene dell’auto-ambulanza. Non una, ma due … tre … quattro … in pochi secondi l’aria nebbiosa si irempì di quelle grida strazianti, ed in una città che ancora soffriva per la mutilazione del 2 agosto di 10 anni prima quando una bomba aveva squarciato la sua stazione, fu subito chiaro “che era successo qualcosa“, qualcosa che non si voleva nemmeno nominare ma che si leggeva negli occhi di ciascuno di noi e che si scriveva nell’aria con quei febbrili movimenti che disegnavano terrore nell’aria schiacciando pulsanti dei telecomandi o muovendo manopole.
Poi si seppe: “un aereo è caduto” “dove?” “su una scuola a Casalecchio” ed una foto che i bolognesi non dimenticheranno mai, che ritraeva di nuovo uno squarcio, lo squarcio della morte che penetra là dove non è aspettata ed il fumo la cenere il fuoco l’odore di carne bruciata.

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Alle ore 8,40 A.M.  del 6 dicembre 1990 alle ore 8:40, un aviogetto da addestramento militare Aermacchi MB-326, decolla dall’aeroporto di Verona-Villafranca, unico pilota e membro dell’equipaggio il sottotenente Bruno Viviani di 24 anni, per un’esercitazione per “tarare”, simulando un “volo nemico”, i radar che sulla costa ferrarese vigilano contro le aggressioni aeree dall’ Adriatico.
Il pilota rileva un’avaria all’aereo all’altezza di Ferrara.
Riavviato il reattore, l’allora sottotenente tentò inutilmente l’atterraggio d’emergenza all’aeroporto di Bologna.
Alle 10,35 il tenente Viviani comunica alla base militare l’intenzione di buttarsi col paracadute dopo che il suo «Macchi 326» è diventato ingovernabile ed ha preso fuoco si lancia così con il seggiolino eiettabile ed atterra con il paracadute sulle colline di Ceretolo riportando alcune fratture.

All’istituto tecnico commerciale “Salvemini” di Casalecchio la classe II A è alla sua “terza ora” di lezione:  tedesco con la professoressa Cristina Germani.
Una scia di fumo riga il cielo ed un puntino azzurro scende rapidamente.
E’ un aereo.
Lo vedono l’ex campione del mondo Antonio Cabrini ed i calciatori del Bologna zigzagare sopra il campo in cui si stanno allenando a Casteldebole, 300 metri in linea d’aria dal Salvemini.
Lo vede Francesco Giovannini, cameramen della tv locale Rete7 che filmò gli unici 58 secondi visibili della strage, compreso il lancio del militare.
Lo vede l’agente di polizia Giovanni Pollastri su una volante del 113 e lo segue fino al Salvemini.
Lo vede Rachel Gasser insegnante di francese ” […] il muso dell’aereo puntarci addosso che si avvicinava sempre più […]” fino a schiantarsi come un colpo di cannone contro la parete della scuola.
Daniele Berti della II A cerca di uscire dalla classe ma rimane incastrato tra lo stipite e il muro.
L’aereo entra fisicamente nella II A ed ed abbatte quel muro che separa dalla salvezza Daniele e la professoressa Germani.
L’intero istituto trema.
Il combustibile fuoriesce dall’aereo e prende fuoco incendiando l’edificio.
Il fumo e le urla dei 280 studenti 28 professori e 4 bidelli presenti che cercano la salvezza riempie l’aria.
Coloro che si trovavano ai piani superiori dell’Istituto vistasi sbarrata la via di fuga dall’incendio saltano dalle finestre.
Frammenti dell’aereo schizzano lontano tra le case e i capannoni vicino al «Salvemini» fin sulla vicina via Emilia.

Dei 16 ragazzi in aula si salveranno Daniele Berti, Federica Regazzi, Milena Gabusi e Federica Tacconi e la professoressa Germani.
Moriranno nella strage:
Deborah Alutto di Bologna
Laura Armaroli di Sasso Marconi
Sara Baroncini di Casalecchio di Reno
Laura Corazza di Sasso Marconi
Tiziana di Leo di Casalecchio di Reno
Antonella Ferrari di Zola Predosa
Alessandra Gennari di Zola Predosa
Dario Lucchini di Bologna
Elisabetta Patrizi di Casalecchio di Reno
Elena Righetti di Sasso Marconi
Carmen Schirinzi di Sasso Marconi
Alessandra Venturi di Monteveglio

Degli 88 frequentanti l’Istituto trasportati in ospedale per intossicazione e lesioni,  72 riportarono invalidità permanenti in misura variabile tra il 5 e l’85 per cento.

L’inchiesta stabilì che l’aereo aveva avuto un guasto.
Fu istruito un processo per il pilota ed il comandante del 3º Stormo, colonnello Eugenio Brega e per l’ufficiale della torre di controllo dell’aeroporto di Verona-Villafranca, tenente colonnello Roberto Corsini. I tre militari vennero difesi dall’Avvocatura dello Stato. La difesa sostenne che sia gli ufficiali che il pilota avevano seguito le procedure. “Questi ufficiali sono qui, imputati per avere fatto il loro dovere”.
L’accusa sostenne che Viviani e il comando militare di Villafranca, avevano delle responsabilità in quanto, dopo la constatazione del guasto all’aereo, tentarono di atterrare al «Marconi» portando a terra il velivolo anziché puntare nella direzione opposta alla città evitando così drammatiche conseguenze. La manovra di avvicinamento all’aeroporto di Borgo Panigale determinò, invece, il drammatico epilogo.

Discutibile fatto che il Ministero della Pubblica Istruzione non richiese il medesimo patrocinio, nonostante anche le vittime si fossero trovate all’interno di una scuola di proprietà dello Stato,

In giudizio di primo grado i tre imputati furono condannati a due anni e sei mesi di reclusione per disastro aviatorio colposo e lesioni, e al Ministero della Difesa furono imputati i danni per responsabilità civile.
La sentenza di secondo grado della Corte d’Appello di Bologna ribaltò la sentenza e assolse i militari.
Il 26 gennaio 1998 la 4ª Sezione della Corte di Cassazione di Roma rigettò gli ultimi ricorsi dei familiari delle vittime e confermò l’assoluzione per tutte le parti coinvolte, perché «il fatto non costituisce reato». La strage venne attribuita ad un tragico incidente. La sentenza avvenne solo otto giorni prima della strage del Cermis, quando un aereo da guerra elettronica EA-6B Prowler statunitense causò venti vittime tranciando il cavo di una funivia.

Un Caso?

Ma la verità … quella è un’altra storia!

 

 

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